Storia ed analisi del fenomeno “Cecchini Cuore”
Di tutti i tipi di morte a cui vanno incontro gli esseri umani, la morte cardiaca improvvisa è di certo, almeno in Italia, la meno conosciuta, più fraintesa e sottovalutata delle cause. Ed è triste ammetterlo, ma è soprattutto vero per quel che riguarda i medici.
Eppure i dati che parlano di questo killer silenzioso e cieco sono abbastanza allarmanti da far porre molte domande su come mai, al giorno d’oggi così poco si investa in termini di mezzi e formazione, per contrastarla.
70000 morti all’anno, 200 al giorno, uno ogni 7 minuti. Le cifre sono queste e valgono per l’Italia ma sono uguali per percentuale, in ogno parte del mondo. Una morte, questa, che è totalmente causale e non collegata a fattori quali il sesso, l’età, le condizioni di salute. Ed in linea con il resto del mondo è anche la percentuale di salvezza che, senza un defibrillatore, tanto un soccorritore addestrato, quanto un comune cittadino possono ottenere. Una percentuale bassissima, ridicolmente bassa: 1%. Una cifra questa che evidenzia come siamo impotenti di fronte a questo fenomeno, se non abbiamo a disposizione gli strumenti giusti.
E il defibrillatore, soggetto e protagonista della campagna di Cecchini Cuore, è lo strumento, se correttamente usato, ad oggi più efficace per aumentare di molto la possibilità di sopravvivenza.
Gli studi dell’American Heart Association sono molto chiari in merito e parlano di una percentuale di sopravvivenza che varia dal 25% al 74% a seconda della diffudione più o meno capillare dei defibrillatori sul territorio in esame.
I dati si commentano da soli e sembra quindi lapalissiana la necesità di diffondere questi piccoli e preziosi strumenti in ogni luogo di aggregazione pubblica.
La campagna di Cecchini Cuore “Tre minuti per il cuore” è nata infatti proprio sulla base di queste considerazioni, nell’ormai lontano 2007.
Un’idea nata prima come una singola donazione di un DAE, da parte mia, nel comune di Calci, che avrebbe potuto rimanere il solo della provincia di Pisa e che invece, nel corso degli anni è stato sol il primo dei 138 ora presenti sul territorio pisano e limitrofo.
Un risultato di tutto rispetto se si valuta che tutta la campagna è stata organizzata, seguita e promossa in solitaria fino al 2011 quando le forze in campo, a livello organizzativo, sono diventate due, anche se il lavoro relativo alla formazione ed all’addestramento dei “first responders” è sempre stato svolto dal sottoscritto in quanto medico e cardiologo universitario.
E nel corso di questi cinque anni e mezzo ci sono stati moltissimi riscontri positivi, partecipazione, ma non sono certo mancati i problemi e le sconfitte.
Ma andiamo con ordine.
In tutto il nostro percorso di diffusione e formazione abbiamo incontrato moltissimo sostegno e generosità da parte di privati e via via da parte di Aziende ed associazioni che, sensibili al tema della morte improvvisa hanno deciso di donare ed installare un DAE nei loro luoghi di lavoro, o di sport o di farne dono alla comunità, installandolo in un luogo pubblico accessibile a tutti.
E così, uno dopo l’altro, grazie prima al passaparola, poi alla nascita del sito internet www.cecchinicuore.org, con caparbietà e ostinazione siamo andati avanti nella nostra “mission”: non solo rendere Pisa e la sua provincia un luogo cardioprotetto, ma diffondere una mentalità di emergenza, di azione e di soccorso alla portata di ogni singolo cittadino, una cultura che contrasti con la diffusa sensazione di panico e la paura di fare qualcosa peggiorando le cose.
Il motto di Cecchini Cuore è sempre stato “di fronte a una morte certa, anche la più sbagliata azione di soccorso non può peggiorare la prognosi”. Un concetto, questo, che non viene quasi mai detto a chi con impegno e senso civico vorrebbe aiutare, ma anzi, viene spesso smentito e ostacolato, anche e spesso da Colleghi Medici.
E se da parte dei cosiddetti “laici” ovvero non medici e/o infermieri, c’è stato sin da subito un grande interesse per la nostra campagna, va ammesso che i Colleghi e le autorità hanno spesso nicchiato, quando non apertamente ostacolato la diffusione e l’uso dei DAE.
Non è chiaro il perché di questo, ma lentamente, forse, le cose stanno cambiando.
Una svolta, tragica vero, ma con risvolti positivi, è stata la tragedia di Piermario Morosini, atleta, professionista, giovane sano e super controllato dalla Federazione Calcio, che durante una partita si è accasciato a terra ed è morto per arresto cardicaco. La sua shockante morte e la constatazione dei clamorosi errori commessi durante l’azione di soccorso hanno però creato una nuova e forte coscienza collettiva di sicurezza e molte sono state, proprio in seguito a questo tragico fatto, le richieste di installare defibrillatori pubblici e di corsi di formazione per il loro uso, peraltro semplicissimo e guidato dall’apparecchio stesso.
E così, passando per la legge del 5 settembre 2012, nel cui testo è fatto obbligo, per ogni struttura in cui si pratichi un qualsiasi sport, la presenza di un defibrillatore semoautomatico esterno e di personale addestrato all’utilizzo siamo arrivati ad oggi.
E ai piccoli grandi obiettivi raggiunti.
136 DAE tra scuole, palestre, circoli ricreativi, negozi. Una ventina di questi, lungo il litorale pisano, rendono le nostre spiagge le più sicure d’Italia. Due DAE installati sulle biciclette dei vigili urbani così che possano raggiungere agevolmente il luogo in cui necessitano.
E molti, moltissimi, situati in luoghi aperti e pubblici, così da essere disponibili ogni giorno ad ogni ora. Un primato questo, di cui andiamo molto fieri.
E nei nostri più di 200 corsi, sempre rigorosamente gratuiti e certificati, abbiamo formato alla rianimazione cardiaca e alla defibrillazione precoce più di 4000 persone, 4000 first responders proonti ad agire con conoscenza e fermezza in caso di emergenza cardiaca. 4000 persone che ringraziamo per la grande sensibilità e per l’amore verso gli altri che hanno dimostrato.
E i risultati? In perfetta linea con le statistiche citate sopra. Finora sono stati usati tre volte, e in un caso il DAE ha salvato la vita della vittima. Il 33% dei casi, che diventa il 50% se si considera che in un caso la morte avvenne per caduta dalla Torre di Pisa. Ed in quel caso sarebbe stato necessario, purtroppo, un telo elastico…
Ma come piace pensare a noi di Cecchini Cuore, tutto questo non rappresenta un traguardo, ma una tappa di un percorso che vuole portarci a rendere I DAE davvero diffusi in maniera capillare, così da essere disponibili il più presto possibile ovunque servano, e che vuole portare a una deregolamentazione del loro uso, semplicissimo grazie a un software che passo passo spiega ogni azione da fare e la ripete fino a che non viene eseguita, così che in una situazione di bisogno chiunque, corso o no, si senta tranquillo e sicuro di intervenire.
Perché come abbiamo detto “più morto che morto non si può essere” e un DAE anche in mani che mai l’avevano toccato prima è un’arma efficace e potente per restituire una vita.
Michiyo Takagawa Capo Redattore, Ufficio Stampa e grafica Puoi commentare , come sempre, l’articolo cliccando su “comments” in basso a destra.










Un progetto senza pari in Italia. Resoconto a tratti quasi commovente. Davvero complimenti a tutto lo staff Cecchini Cuore.
Non siamo in realta’ i primi in Italia. Piacenza e’ la citta’ che si e’ mossa prima con ottimi risultati. La singolarita’ della nostra campagna e’ semmai quella di diffondere il concetto di DAE pubblico, esposto 24 ore al giorno , all’esetrno dei fabbricati, affinche possa essere utilizzato da chiunque. E poi il fatto che questa campagna sia stata condotta da una sola persona, affiancata da circa due anni da un’altra persona che ne cura egregiamente la parte di comunicazione e grafica del sito.
Uno sforzo quindi intenso, ma proficuo.
Grazie per l’attenzione.
Maurizio Cecchini
Sì, in effetti “l’unicità” a cui mi riferivo sta nel fatto che, alle spalle della campagna Cecchini Cuore che è riuscita a “piazzare” quasi 150 defibrillatori sul territorio, ci sono sostanzialmente gli sforzi di una sola persona.
Rinnovo i miei complimenti e un “in bocca al lupo” per il futuro.
Davide Gobbi