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L’alba ed il tramonto.

soleLeggere storie come queste  fa bene.

Fa bene perche’ il male, la sofferenza spesso conducono all’egoismo, al chiudersi in se stessi.

Abbiamo letto centinaia di casi di persone che hanno comprato organi da altre persone disperate oppure dimenticate dal mondo, spesso bambini, i cui genitori vendono un rene per poverta’ indicibile, oppure  di disperati che vendono un proprio rene perche’, appunto, e’ la loro unica ricchezza.

Questa storia diversa ci fa capire che esistono visioni della vita diverse, che ti aprono il cuore, il cervello, ti fanno respirare a pieni polmoni.

E spesso queste storie fanno parte di un mondo umile, quello dei pastori o dei contadini, che proprio per essere quotidinamente in contatto con la natura, gli animali, hanno chiaro il concetto che la nostra vita, come quella di tutti gli altri animali, e’ come un piccolo sole che ha – per ciascuno di noi – un’ alba un mezzogiorno ed un tramonto.

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varzo
20.01.2013 – la storia

“Lascio il mio posto a chi ha famiglia”
Rinuncia al trapianto e muore

Walter Bevilacqua aveva 68 anni

Walter Bevilacqua, pastore tra le montagne dell’Ossola, aveva 68 anni. Al parroco disse: “Io sono solo, è giusto così”.

renato balducci

“Sono solo, non ho famiglia. Lascio il mio posto a chi ha più bisogno di me. A chi ha figli e ha più diritto di vivere”. Walter Bevilacqua lo aveva confessato al parroco poco tempo fa. La morte l’ha colto durante la dialisi a cui si sottoponeva ogni settimana all’ospedale San Biagio di Domodossola. Il cuore ha ceduto durante la terapia e la bara è stata portata a spalle al cimitero dagli alpini di Varzo, penne nere come lui. Dietro al feretro, le sue sorelle Mirta e Iside: “Era proprio come lo descrivono: altruista, semplice. Un gran lavoratore. Sapeva che un trapianto lo avrebbe aiutato a tirare avanti, ma si sentiva in un’età nella quale poteva farne a meno. E pensava che quel rene frutto di una donazione servisse più ad altri” racconta Iside.

Una vita piena di sacrifici, così come quelle di altri pastori di montagna, stretti alla loro terra. Solitario e altruista, nel momento più delucatio della vita ha detto no al trapianto. “Sono in molti che aspettano quest’occasione. Persone che famiglia e più diritto a vivere di me. E’ giusto così” aveva detto, con quella naturalezza che l’ha sempre contraddistinto. Bevilacqua è morto pochi giorni fa a 68 anni, una storia venuta alla luce quando il parroco del paese, don Fausto Frigerio, l’ha raccontata in chiesa durante la messa, un esempio da affidare a tutti. Quella frase pronunciata tanto tempo prima, gli era rimasta impressa: “Me l’aveva detto durante una chiacchierata. So che l’aveva confidato anche a un conoscente con cui si trovava in ospedale per le terapie» racconta il prete.E’ questa la notizia che ha bucato il silenzio dell’Ossola, in una valle corridoio verso la Svizzera, a una manciata di minuti. Sui monti della valle Divedro, Walter Bevilacqua ha trascorso i suoi ann, allevato dal nonno Camillo, uomo di altri tempi, ligio alle regole, gran lavoratore. Da lui aveva imparato a non risparmiarsi mai, a non lamentarsi delle difficoltù di chi vive in quota. “Credo non abbia mai fatto le ferie” racconta chi lo conosceva bene. L’agricoltura e gli animali erano la sua passione. Il suo mondo era là, una fetta di terra strappata alla montagna che poco più in alto diventa spettacolo nella conca dell’alpe Veglia.