Leggere storie come queste fa bene.
Fa bene perche’ il male, la sofferenza spesso conducono all’egoismo, al chiudersi in se stessi.
Abbiamo letto centinaia di casi di persone che hanno comprato organi da altre persone disperate oppure dimenticate dal mondo, spesso bambini, i cui genitori vendono un rene per poverta’ indicibile, oppure di disperati che vendono un proprio rene perche’, appunto, e’ la loro unica ricchezza.
Questa storia diversa ci fa capire che esistono visioni della vita diverse, che ti aprono il cuore, il cervello, ti fanno respirare a pieni polmoni.
E spesso queste storie fanno parte di un mondo umile, quello dei pastori o dei contadini, che proprio per essere quotidinamente in contatto con la natura, gli animali, hanno chiaro il concetto che la nostra vita, come quella di tutti gli altri animali, e’ come un piccolo sole che ha – per ciascuno di noi – un’ alba un mezzogiorno ed un tramonto.
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“Lascio il mio posto a chi ha famiglia”
Rinuncia al trapianto e muore
Walter Bevilacqua, pastore tra le montagne dell’Ossola, aveva 68 anni. Al parroco disse: “Io sono solo, è giusto così”.
“Sono solo, non ho famiglia. Lascio il mio posto a chi ha più bisogno di me. A chi ha figli e ha più diritto di vivere”. Walter Bevilacqua lo aveva confessato al parroco poco tempo fa. La morte l’ha colto durante la dialisi a cui si sottoponeva ogni settimana all’ospedale San Biagio di Domodossola. Il cuore ha ceduto durante la terapia e la bara è stata portata a spalle al cimitero dagli alpini di Varzo, penne nere come lui. Dietro al feretro, le sue sorelle Mirta e Iside: “Era proprio come lo descrivono: altruista, semplice. Un gran lavoratore. Sapeva che un trapianto lo avrebbe aiutato a tirare avanti, ma si sentiva in un’età nella quale poteva farne a meno. E pensava che quel rene frutto di una donazione servisse più ad altri” racconta Iside.





