Il caldo torrido di questi giorni induce a consigliare un’estrema cautela nell’impiego dei diuretici.
I diuretici sono una classe variegata di farmaci con caratteristiche di azione diverse.
Spesso impiegati a sproposito e a dosaggi …equini, questi farmaci sono spesso causa , specie in estate, di effetti collaterali temibili e talora mortali.
I diuretici sono saluretici , e cioe’ inibiscono , in modo diverso tra loro, il riassorbimento del SODIO a livello del tubulo renale (ansa di Henle); il sodio escreto dal rene per osmosi si trascina l’acqua presente nell’interstizio renale e pertanto in questo modo si ha un incremento della produzione di urina.
Il problema sorge quando ad assumere il diuretico (farmaco purtroppo molto diffuso) e’ l’anziano.
L’anziano ha una ridotta concentrazione urinaria (come i bambini piccoli) : in pratica urina spesso piu’ di quanto beva; al contrario dei serpenti ad esempio che concentrano molto l’urina per preservare volume, vivendo in ambienti caldi
Inoltre l’anziano ha una ridotta percezione della sete e pertanto il rischio, e purtroppo la osservazione clinica lo conferma, e’ quello della disidratazione.
Un rene ipoperfuso (cioe’ che si trova di fronte ad una riduzione brusca dei liquidi circolanti) e’ un rene che funziona meno e tende a trattenere sodio (sotto forma di bicarbonato di sodio – ecco perche’ l’assunzione cronica porta ad alcalosi metabolica ) oltre ad acido urico ed azoto.
Un aumento della azotemia (esame spesso purtroppo non richiesto) e’ un fedele indice di disidratazione.
E questo comporta che farmaci che possono essere benefici con un rene normofunzionante diventino improvvisamente “tossici”.
Si pensi ad antiipertensivo come ACE inibitori, sartani o anche antibiotici , farmaci che possono essere addirittura benefici in un rene ben perfuso possono diventare tossici e portare ad insufficineza renale se al paziente viene precluso l’accesso all’acqua.
Si pensi ad anziani allettati i quali hanno di per se’ ridotta percezione della sete ed i quali non abbiano la possibilita’ logistica di procurarsi acqua (comodino lontano, difficolta’ di movimento, confusione mentale…).
Che fare allora: idratare i pazienti abbondantemente, almeno 1,5 – 2 litri di acqua al di: in questi pazienti l’acqua e’ un farmaco e non un optional.
Nei pazienti scompensati , edematosi nei quali si ritenesse necessaria una terapia diuretica ,occorre avere una stima delle quantita’ di urine e di liquidi persi, fornendo una quantita’ di liquidi LEGGERMENTE inferiore a quanto viene eliminato quotidianamente.
Ricordo che un soggetto normale elimina, nella vita quotidiana, almeno 3 litri di acqua al di considerate la respirazione, la diuresi, la perdita di acqua con le feci, la traspirazione: e’ vero che circa il 70% di cio che mangiamo col cibo e’ acqua, ma occorre porre molta attenzione a supplementare il paziente con adeguata quantita’ di acqua.
Che fare dunque?
Controllare frequentemente azotemia , creatininemia ed elettroliti e correggere gli eventuali difetti. Controllare se possibile il peso quotidianamente.
Assumere diuretici solo se strettmente necessario e non per motivi “estetici” (edemi da calcio antagonisti o da alterato ritorno venoso o linfatico ad esempio).
Porre particolare attenzione nell’anziano che assuma antiinfiammatori (che riducono la perfusione renale) o certi antibiotici (chinolonici ad esempio).
Considerare l’acqua come un farmaco prezioso per queste categorie a rischio.
Non importa la “marca dell’acqua” quella “del Sindaco” come la chiamo io, cioe’ quella del rubinetto, va benissimo. Almeno 1,5 – 2 litri di acqua al di.
Un paziente ipovolemico anziano e’ una paziente che spesso cade a terra , procurandosi fratture; un paziente ipovolemico ha una maggiore coagulabilita’ del sangue e quindi ha un maggior rischio di infarti e di ictus.