Meno morti, più soldi. E’ questo il principio alla base del controverso programma Advancing Quality avviato in Inghilterra, che prevede dei bonus cash agli ospedali che si distinguono per ridotto numero di decessi. La torta da spartire è pari a 4,8 milioni di sterline, ed evidentemente fa gola considerando i risultati del singolare esperimento: quasi 900 vite salvate in 18 mesi. In generale, su un periodo di un anno, i tassi di mortalità associata alle cause di decesso monitorate nel progetto hanno segnato un -6%.
Il modello è applicato anche in diversi ospedali americani e fa molto discutere. I suoi detrattori osservano infatti che un ospedale dovrebbe salvare vite ‘per definizione’, non per ricevere in cambio una ricompensa in denaro. Tant’è: in un anno e mezzo dal varo del progetto che ha coinvolto 24 strutture del National Health Service nel nord-ovest del Regno Unito, rispetto a uno stesso arco di tempo precedente all’avvio del programma, negli ospedali protagonisti del test sono morti 890 pazienti in meno.
Il dato – frutto di una ricerca condotta dagli atenei di Manchester, Nottingham, Birmingham e Cambridge, e pubblicato sul ‘New England Journal of Medicine’ – sembra insomma dar ragione ai promotori dell’iniziativa, convinti che il bonus agisca come incentivo per i medici e gli altri operatori sanitari, che in questo modo sarebbero più attenti a quello che fanno e soprattutto a come svolgono la loro attività quotidiana. I soldi aggiuntivi ricevuti non vanno ai singoli amministratori o ai vertici delle strutture, ma direttamente a sostenere le cure sanitarie. L’idea, cioè, è di innescare un circolo vizioso in grado di migliorare costantemente l’assistenza complessiva ai pazienti.
Matt Sutton, professore di economia sanitaria a Manchester, citato sul ‘Daily Mail’, fa però notare che il risultato del progetto in Gb viene contraddetto da quelli di precedenti indagini. In particolare dai dati Usa, dove il modello è nato e dove il bonus agli ospedali con meno morti non si è tradotto in benefici per i malati. La ragione, però, potrebbe essere il fatto che in Inghilterra i potenziali ‘premi’ sono più alti, quindi più motivanti.
Inoltre, negli Stati Uniti il programma ha una dimensione locale e soltanto il 5% degli ospedali vi ha preso parte. Nel Regno Unito, invece, dopo la fine dell’esperimento su 24 strutture nord-occidentali, il bonus è stato esteso a un totale di 32 ospedali della regione. I decessi che i nosocomi devono cercare di ridurre per accedere al pagamento aggiuntivo sono quelli legati a polmonite, scompenso cardiaco, attacchi di cuore, bypass cardiaco, complicazioni post-intervento di protesi d’anca o ginocchio, ictus e demenza. Un elenco diverso da quello previsto da un altro programma del Nhs britannico, esteso a tutti gli ospedali del Paese, in cui alle strutture con tassi di mortalità superiori per determinate cause vengono trattenuti dei soldi.
“Gli schemi ‘pay-for-performance’ sono ampiamente adottati – osserva Ruth McDonald della Nottingham University – ma finora ci sono scarse evidenze su un miglioramento dei risultati assistenziali. I nostri dati suggeriscono che questi programmi possono fare la differenza, ma che molto dipende da come vengono pensati e messi in pratica”
Fonte: AdnKronos salute
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